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Angelo Calabrese

Interventi Critici

 

                     

 

                                              

 

 

Viaggio alle geometrie emotive dell'esistenza.

Nell'opera di Lello Zito squillano la memoria ed il presagio nell'evidenza sintetica d'una constatazione i cui tramiti di repertorio sono bensì perenni, ma sopratutto attuali, aperti alla meditata giustificazione, all'analisi psicologica e alla coscienza della socialità. L'artista non concretizza soltanto il documento: esige la conoscenza critica del brano sul quale ha voluto far pittura con intuizione folgorante e con amorevole pienezza espressiva, superando la cronaca e respirando la vita all'altezza dell'arte.
Lello Zito è un pittore intransigente nella sua oggettività: non rinuncia alla grande tradizione pittorica che esige rigore formale, esperienza cromatica, cultura di quel vivo quotidiano che commuove perché ci verifica a specchio di eredità e scevro, per virtù rude e sanguigna, degli orpelli del trionfalismo e della retorica, ci fa leggere nel territorio fisico di tutte le età e le generazioni moralità e dimensioni, anche fatali, di fatti locali e temporali. L'osservazione non è allucinata: non attrae la deformazione, ma i dati sensibili che gli oli diluiti fino ad una visualizzazione musicale, a respiro di pensiero, e gli acrilici estesi fino al celere psichico, sanciscono con una leggerezza che conferisce slancio alle immagini e le fa vibrare sulle soglie di altri dislocamenti dove le fisionomie contratte, i mondi isolati, perderanno anche il diafano al quale li ha relegati la violenza della vita che è tempo visibilizzato nelle rughe degli anni, nell'abbandono di chi non ci appartiene più, nel panta rei la cui imminenza deprechiamo specie se incombe sui nostri cari. Lello Zito dipinge atmosfere d'uomini quasi a vederli compensare di un bene perduto e guarda ai loro concreti fantasmi con ostinazione nelle strade dove tutto è ancora possibile, dove potrebbe verificarsi l'incontro eccellente e non si dissiperebbero i passi che vanno, gli sguardi assenti, la pietà sentita e non comunicata né con il gesto, né con la parola. Com'è grande ed eroico l'uomo di Zito, com'è nobile la sua solitudine che sa amare e sognare, sa illudersi e registrare i contrasti degli inferni e dei paradisi trovati e perduti tra mercati e piazze, tra interni d'alveari e luci anemiche o solarizzate e candide fino a divenire alone desertico intorno alle esistenze da fagocitare. Il bianco indefinito esalta le espressioni dei personaggi puri nella loro recita condizionata, affascinati dalle stesse antiche immagini che si ostinano a spiare dietro le palpebre e nell'iride fantasma delle pupille inesistenti. Come definire la pittura di Zito? Semplicemente con il termine di pittura quella che non è facile, che esige misura, altissimo livello tecnico, libertà fantastica, cultura vigorosa e fertile, conoscenza specifica degli strumenti più aggiornati della comunicazione di massa, che palpita di fronte ad uno squarcio di natura come di fronte all'opera ed ai frutti del lavoro umano e soprattutto conosce le tensioni delle voci e dei silenzi che fa testimonianza e fede del tutto visto ed umilmente confessa di aver compreso solo che ogni creatura è depositaria del suo mistero, ignoto agli altri e sconosciuto a ciascun essere vivente. Questo artista parla con il verismo dei suoi anni, non ha bisogno di verificarsi con un marchio di dubbio gusto e con gli esiti di quelle trasgressioni linguistiche le quali affliggono l'esperienza del singolo e quella naturale. La morfologia del suo discorso ha le misure, gli spazi e le quantità di tutti gli accadimenti fisici e delle loro prospettive, un sublime artigianato rende terso il terreno sapido dell'indagine e così la luce che legge la sensualità ed i volumi d'un nudo sotto la praticabilità effettiva delle vesti, può scandire la logica e la lirica di un nudo tramato nelle maglie di una rete, il contesto di un graticcio murario, l'annidarsi dei vecchi sulle panchine come passeri al ramo, il misterioso connubio tra l'uomo ed il cane mentre amministrano passi paralleli, il continente donna così esteso da apparire ancora deserto e ultima spiaggia con la magia che ci perde e consola nella consapevolezza di tutte le esperienze memoriali che nella vita sono del secretum e della perfetta solitudine come della umanità collettiva. Così il repertorio di Zito parla di argomenti umani e di patrimoni irrinunciabili e nel profondo realismo affratella le sostanze vive di un'edenica nostalgia di quell'uomo che sapeva correre, precorrere le sue azioni e nell'armonia naturale ridere con le geometrie emotive dell'esistenza.

 

 

 

 

 

Interventi critici:

 

 

Rosario Pinto

 

Angelo Calabrese

 

Salvatore De Rosa

 

Giorgio Seveso

 

Cosimo Strazzeri

 

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